Serge Latouche: immaginare alternative all’attuale modello economico. [libri]

Dalla decrescita alla critica dell’occidentalizzazione, per decolonizzare il nostro immaginario dall’idea di economia come scopo ultimo dell’esistenza umana.

É possibile parlare di imperialismo di un’idea? La metafora è azzardata ma calzante.

L’idea imperialista sarebbe quella di crescita economica, misurabile in termini di PIL, divenuta l’obiettivo universalmente accettato, implicito, non criticabile, di ogni teoria economica di matrice occidentale.

Non esiste esempio di politica economica, in nessuno degli stati che compongono il primo mondo, che non abbia come obiettivo da raggiungere ed inseguire (senza potersi mai fermare, pena la temuta crescita zero o negativa!) la crescita economica.

Tralasciando le fasce più estreme (o forse più creative ed in un certo senso più libere), centro-destra e centro-sinistra, repubblicani e democratici, laburisti e conservatori, guelfi e ghibellini, pur impegnati quotidianamente in ogni sorta di scontro e polemica si trovano (incredibilmente?) d’accordo su una questione fondamentale dell’economia: la crescita.

Nessuno può rinunciare a questo dogma; l’idea ha talmente intriso la cultura occidentale (e i suoi derivati) da essere considerata come una legge naturale: come un sasso cade al suolo attratto dalla forza di gravità, così l’economia deve per forza crescere all’infinito.

Ma com’è possibile far entrare l’infinito nel mondo degli uomini, che è finito? Come conciliare la finitezza delle risorse e dell’ambiente con l’infinito della crescita?

Qualcuno forse pensa che la tecnologia risolverà tutti i  problemi, ma è invitato a spiegare al più presto in che modo.

Altri tentano di decolonizzare il nostro immaginario da questa idea imperialista, assolutista, dittatoriale, dogmatica che non lascia spazio ad alcuna alternativa.

Uno di questi è Serge Latouche professore di Scienze Economiche all’Università di Parigi XI e all’ Institut d’études du devoloppement économique et social (IEDS) di Parigi.

Nella sua bibliografia, Latouche affronta uno ad uno i problemi del nostro modello economico, rovesciandone le fondamenta, arrivando a scommettere sulla decrescita.

Latouche propone quindi un nuovo modello economico, un cambio di paradigma.

Molti dei suoi critici sostengono che egli non indica quali potrebbero essere gli effetti (devastanti?) di una decrescita sul sistema economico. I suoi detrattori si chiedono come sarebbero sostenuti i sistemi pensionistici, d’ investimento ed in sostanza le fondamenta dell’economia, applicando il modello proposto dal professore francese. Queste domande non fanno che dimostrare il radicamento dell’attuale modello economico (che ricordiamo essere una scelta politica e non una legge naturale) in ogni aspetto della cultura occidentalizzata.

Data per scontata la finitezza delle risorse ambientale e le possibilità odierne della tecnica, la decrescita sembra proporsi a sua volta non come scelta quanto, prima o poi, come percorso obbligato.

Nell’attesa dell’esaurimento delle risorse o di nuove tecnologie che portino altre soluzioni, resta il fatto che non è dimostrata una correlazione positiva tra crescita economica e benessere, concetto ripreso anche nel libro di Luca de Biase di cui ho recentemente parlato.

Quest’idea è ripresa anche dal movimento per la decrescita felice diventato associazione fondata da Massimo Pallante.

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Altri libri:

Luca de Biase – Economia della Felicità

Paul Watzlawick – Di Bene In Peggio. Istruzioni per un successo catastrofico.

Duccio Canestrini – Andare a Quel Paese

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